Ieri abbiamo scoperto di non esistere. Ieri abbiamo scoperto di non aver mai aperto il primo laboratorio di stampa 3D a milano un anno fa, abbiamo scoperto che 3DItaly a Roma non ha mai aperto il primo Store italiano dedicato alla stampa 3D. Ieri abbiamo scoperto di aver sognato tutti, perchè non abbiamo amici influenti e non conosciamo un giornalista e può scrivere sull'Espresso quello che gli pare, alla faccia della verità, come ha fatto il signor Enrico Arosio.
I fatti: vediamo in edicola una bella copertina: "VIVERE IN 3D" ed ingenuamente pensiamo: chissà se ci saremo anche noi, che tutti i giorni viviamo con questa tecnologia ... No ragazzi, VIVERE IN 3D significa fare un regalo ai figli di papà di IDEA FACTORY che ammettono tranquillamente: "abbiamo creato un giro di amici e parenti, diciamo, come soci finanziatori"...
Già, beati voi che avete un papà che vi regala una EOS da 300.000 euro.
Beati voi che avete un amico di papà che vi gira un bel lavoretto per l'EXPO "In verità conosco il padre di uno dei tre soci", si legge nel presunto Dossier del sig. Arosio. Che bello avere tanti amici.
"Vivere in 3D" significa questo? No, sig. Arosio, non significa comprare da una multinazionale una macchina di prototipazione da 300.000 euro. Vivere in 3D significa partecipare attivamente ad una Rivoluzione Industriale portata avanti da milioni di sviluppatori in tutto il mondo, all'insegna dell'open source e contro quelle stesse logiche che le fanno scrivere a favore di qualcuno dimenticando tutti gli altri, caro sig. Arosio.
Leggiamo allibiti le dichiarazioni di IDEA FACTORY: "Siamo l'unico negozio su strada per la stampa di oggetti 3D. Non solo in Italia, ma nel mondo a noi noto". Allibiti, pensiamo agli store americani di Makerbot che vendono 10.000 macchine al mese. Allibiti leggiamo il commento del preparatissimo giornalista: "Arduo da verificare". Arduo da verificare, sig. Arosio? E digitare su Google "stampa 3d" le pare difficile? Chissà quante cose avrebbe verificato, signor giornalista. Chissà quante belle cose avrebbe scoperto.
Ma lei si permette di dare come titolo per la sua pubblicità travestita da "Dossier": "il futuro è qui". Ci dispiace ma non siamo d'accordo: il futuro, Sig. Arosio, è molto lontano dal suo "qui". E' molto lontano dalla disinformazione, dalle solite vecchie logiche di potere, molto lontano dalle multinazionali che amano crogiolarsi al sole della sua rivista. Almeno avrebbe potuto informarsi sulla differenza tra tecnologia additiva destinata alla prototipazione (loro) e tecnologia destinata alla sostituzione di filiere produttive (noi), perchè la prototipazione è il passato, esiste da trent'anni, e lei ingenuamente lo scopre oggi e immagina un bellissimo futuro in cui i ricchi possano giocare con macchine costosissime spendendo i soldi di altri ricchi, amici, parenti, amici di amici, ecc.
Per fortuna il suo futuro non è il nostro. Lavoriamo tutti i giorni affinchè non lo sia, affinchè nel nostro futuro non si debbano mai più leggere cose del genere, su una rivista in edicola.